Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria……

Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà, di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta, la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un’anestesia
come un’abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un’anomalia
come una distrazione
come un dovere.

“Smisurata preghiera”, traccia conclusiva di “Anime salve”, ultimo album di Fabrizio De Andrè composto con la collaborazione di Ivano Fossati e inciso nel 1996, nasce da una proficua collaborazione letteraria: la canzone è infatti liberamente tratta dalla “Saga di Maqroll il gabbiere”, raccolta di poesie dello scrittore e poeta colombiano Alvaro Mutis, il quale dichiarò, dopo aver ascoltato il brano di Faber, che “l’eleganza, la forza, la grazia di quei versi, vestiti di una musica come di sogno, non potevano che provenire dalla mente e dal cuore di un artista immenso; forse dovevo essere io, tra i due, quello lusingato di aver incontrato l’altro”. Ora, il gabbiere è il marinaio addetto alle vele di gabbia, quelle poste sopra la vela maggiore, dunque è una persona esperta che osserva il mondo dall’alto e funge anche da vedetta; in De Andrè invece a guardare tutti da una posizione di superiorità è la “maggioranza”, ovvero quella massa informe di umanità che, contando sul fattore numerico, si ritiene in diritto di vessare, tormentare e depredare con superbia e astuzia, impunemente, le “minoranze” costituite da coloro che vengono emarginati dalla società, i reietti, quelli che “viaggiano in direzione ostinata e contraria”, ai quali Faber si è sentito sempre vicino e affine. Gli ultimi, i disperati, i “disobbedienti alle leggi del branco” muovono i passi estremi tra “il vomito dei respinti, per consegnare alla morte una goccia di splendore”, in quanto sono proprio l’ostinazione degli esclusi a sopportare tutte le avversità e la loro umanità, a conferire alla morte un senso, a darle un alto valore, laddove altrimenti sarebbe un’inutile, spento e vuoto momento dell’esistenza. La penultima strofa della canzone in cui si fa riferimento ad Aqaba e a un misterioso guaritore è tratto da alcuni versi del “Caravanserraglio” e dal romanzo “Amirbar”, entrambe opere di Mutis. Si è avanzata l’ipotesi che potrebbe trattarsi di un riferimento a Che Guevara, il quale, da giovane studente di medicina, viaggiò in luoghi dimenticati da Dio, curando malati di lebbra e lasciando figli con “improbabili nomi di cantanti di tango”. Ma ecco che, nella strofa di chiusura, si esplicita, attraverso l’invocazione alla divinità, il tema della preghiera: il cantautore genovese auspica l’intervento del Signore in aiuto dei “servi disobbedienti”, i quali, dopo tanto soffrire meritano la doverosa ricompensa divina anche a costo di doverla ricevere per caso, per una distrazione della fortuna (quasi sempre dispensatrice di privilegi per i potenti) che alteri il corso abituale degli eventi.

Oggi in tutte le società rette dalla democrazia la vita politica si basa sulle decisioni delle “maggioranze”: De Andrè, con questo brano, ci ha messo in guardia, facendoci comprendere che non sempre (anzi, molto spesso è il contrario) le idee del maggior numero di persone sono le migliori, le più giuste, le più eque: non dimentichiamoci che nella storia le maggioranze votarono anche per l’elezione di osceni dittatori come Hitler e Mussolini. Dunque un buon punto di partenza sarebbe quello di non considerare infallibili le “maggioranze”, prestando sempre orecchio ai pensieri, alle opinioni e ai bisogni di quel ristretto numero di anime che in ogni tempo e in ogni luogo viaggiano in direzione ostinata e contraria.

                                                                                                             Ivan Corrado



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